Tempo e spazio. Per trasferirci da un luogo all’altro, quindi per  conquistare spazio, paghiamo con il nostro tempo, in senso fisico ed esistenziale. Per addentrarci nelle opere di Luciano Pera, siano esse sculture, pitture, grafica — il suo spazio espressivo — dobbiamo spendere quanto sappiamo dell’arcaico, dell'antico, magari abbandonarci alla contemporaneità che si è conquistata ambiguità e disordine con profondi scandagli emotivi. Pera si è lanciato nel mare mosso dell’arte e ne è risalite ricoperto di sabbie dorate, misteriose conchiglie, alghe cangianti: tutto questo troviamo nei suoi lavori incrostati di patina, come ritrovati togliendo la polvere dei secoli da forme nate quasi per naturale genio-razione. I vertici della realtà e della visione, della contemplazione e dell’intuizione si intrecciano e provocano una sorta di rivelazione fulminante dove il rapporto fra cosa materiale e palpitazione incorporea dà come un effetto di straniazione e di vitalità. Certo il momento per rivelarsi dell'immagine ha in concreto la fisicità del bronzo o della carta, ma il sigillo dell’evocazione per Luciano Pera è toccare l’ineffabile, dire e negare una forma, farla come sprofondare nelle epoche o permetterle di riaffiorare, quasi l’incidenza della storia nostra, moderna, si giocasse in questa pendolarità, nell’attraversare ritmicamente il sipario virtuale tra il passato e il presente: tale è il metronomo che batte nella creatività di Luciano Pera. L’opera quale oggetto attaccato al filo che va e viene, dall’ombra alla luce, dalla luce al buio quasi l'artista fosse colui che sa individuare il significato della forma attraverso  spessori dei secoli e sa conferire alla forma la densità di un insieme senza fermatura temporale. Il lavoro finito, risoluto della ricerca, con insita la provvisorietà di un determinato momento narrativo, si colloca al di lì della storia, ma della storia ha le ancestrali risonanze, i turbamenti, i  perduti o sconosciuti. Luciano Pera lascia indizi grafici nelle sue forme scolpite, nei rilievi antropomorfi che sono reperti di altri mondi, e semina orditi plastici, scaglie nelle carte incise completando lo scambio delle risonanze: vuoto e pieno di una civiltà che si manifesta per impulsi, per colpi d’occhio, i punti d'una vista acuta che oltrepassa, diresti, lo schermo del visibile e aggiunge memoria alle figure nuove e rende incalzante, assillante il concerto di rumori e armonie nelle sue versioni squisitamente poetiche. Sembra che non ci sia stanza del grande edificio culturale dell’umanità - geologia, antropologia, etnologia, botanica, mineralogia, zoologia, archeologia...-che Luciano Pera non abbia aperto, con lo spirito del grande dilettante che da tutto prende diletto e dà insegnamento allargando le nostre percezioni con un senso di sconfinamento e di universalità, quasi per richiamare l’uomo su una verità di fondo: dalle ammoniti fossili alle cicladiche Madri mediterranee, alle licenze di Picasso fino al caos di Pollock il passo è breve, l’istante di una vita.


Febbraio 2013 Luciano Pera. Incanto, sfera dell’essere, Luigi Cavallo